Quale cuvetta è quella giusta? Vetro contro plastica, VIS contro UV, micro-volume contro macro-volume
Ai fini delle analisi fotometriche di campioni liquidi, la soluzione deve essere collocata nel percorso ottico di un fotometro in un formato definito. Le cuvette, ovvero contenitori per campioni con finestre ottiche, sono la scelta standard per questa applicazione.
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Ai fini delle analisi fotometriche di campioni liquidi, la soluzione deve essere collocata nel percorso ottico di un fotometro in un formato definito. Le cuvette, ovvero contenitori per campioni con finestre ottiche, sono la scelta standard per questa applicazione. La distanza tra le finestre ottiche è definita con precisione; in questo modo si conosce la lunghezza del percorso del campione all’interno della cuvetta. La selezione di diversi tipi di cuvette è vasta, anche se si considerano solo quelle cuvette utilizzate per le misurazioni dell’assorbanza nell’area della spettroscopia UV-Vis. Il tipo più comune di cuvetta è quella quadrata, con dimensioni esterne di 12,5 x 12,5 mm. Questo formato contiene volumi di campione dalla gamma di microlitri (cuvette ultra-micro) alla gamma di millilitri (cuvette macro) (figura 1). La lunghezza del percorso standard di una cuvetta misura 10 mm; tuttavia, sono disponibili anche cuvette che forniscono un percorso luminoso più breve attraverso il campione. Inoltre, le cuvette differiscono per quanto riguarda il materiale, l’altezza e le dimensioni della finestra di misurazione (figura 1).

Figura 1: Cuvette che presentano le dimensioni esterne standard di 12,5 x 12,5 mm ma che richiedono diversi volumi minimi di campione.
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La decisione sul tipo di cuvetta da scegliere dipenderà dallo strumento utilizzato, dalla natura dell’applicazione e dalle proprietà del campione. È generalmente importante che le cuvette siano il più trasparenti possibile per le lunghezze d’onda da misurare in modo da non limitare l’intervallo lineare disponibile del fotometro.
La scelta dell’attrezzatura richiede requisiti sulla cuvetta poiché deve essere compatibile con il dispositivo. Ciò riguarda principalmente le dimensioni esterne della cuvetta, poiché deve essere inserita nel vano della cuvetta, ma anche l’altezza delle finestre di misurazione è fondamentale. Questi devono allinearsi perfettamente con il percorso della luce che viaggia attraverso lo strumento. Questa considerazione è particolarmente rilevante per le cuvette progettate per misurare piccoli volumi e che quindi presentano finestre di misura molto piccole. Le altezze comuni dei percorsi luminosi sono 8,5 mm e 15 mm.
Il prossimo aspetto importante riguarda le lunghezze d’onda di misura che sono coinvolte nell’applicazione in questione. Le cuvette standard in PMMA, polistirene o vetro normale sono trasparenti solo nel campo del visibile. Se si utilizzano lunghezze d’onda nell’intervallo UV, inferiori a circa 300 nm, devono essere utilizzate cuvette in vetro di quarzo o un tipo speciale di plastica che fornisce una trasparenza sufficiente in questo intervallo (figura 2).

Figura 2: Differenze tra gli spettri di assorbanza delle cuvette realizzate con materiali diversi, misurate tra 220 nm e 400 nm
Il riscaldamento e il controllo efficiente della temperatura di un campione durante il processo di misurazione sono fondamentali per quei metodi che si basano su reazioni che si verificano a una determinata temperatura specifica e che misurano l’assorbanza nel tempo. Oltre a un adeguato livello di resistenza del materiale, in questo caso è importante che l’area di contatto tra la parete della cuvetta e il vano cuvetta a temperatura controllata sia la più ampia possibile. Per questi motivi, alcune cuvette, come le macro-cuvette, offrono un vantaggio nelle applicazioni a temperatura controllata.
Altri aspetti che influenzeranno la scelta della cuvetta includono la natura, il volume e la concentrazione del campione a portata di mano.
Se il campione si basa su una soluzione acquosa, il materiale di cui è composta la cuvetta è relativamente irrilevante. Se invece sono coinvolti solventi organici, le cuvette in vetro sono la scelta preferita in quanto mostrano una resistenza maggiore rispetto alle varianti in plastica.
Se è disponibile solo una piccola quantità di campione, si potrebbe considerare di riutilizzare il campione per le misurazioni successive. In questo caso si consigliano cuvette di plastica monouso. Le cuvette di plastica, se confezionate singolarmente e di grado di purezza appropriato, ridurranno al minimo il rischio di contaminazione. In alternativa, possono essere selezionate cuvette progettate per ospitare volumi estremamente piccoli.
Anche la concentrazione di un campione influenzerà la scelta della cuvetta poiché ogni strumento ha un limite superiore di rilevamento. Ad esempio, se si utilizza un fotometro con un campo di misura lineare fino a 2 A con una lunghezza del percorso di 10 mm, il DNA a doppio filamento può essere quantificato in modo affidabile fino a una concentrazione massima di 100 µg/ml. Le soluzioni a concentrazioni più elevate devono essere diluite oppure la diluizione può essere simulata utilizzando una cuvetta con un percorso più breve. Secondo la legge di Lambert-Beer, una lunghezza del percorso di 1 mm consente quindi la misurazione di concentrazioni di dsDNA fino a 1.000 µg/mL.
Se non prescritto dalla natura dell’applicazione, il materiale della cuvetta presenta un’ulteriore scelta da fare. In generale, le cuvette di vetro mostrano una maggiore trasparenza e precisione di misurazione e possono essere riutilizzate molte volte. Inoltre, la manipolazione delle cuvette di plastica è semplice e sicura. Poiché le cuvette di plastica vengono utilizzate una sola volta e non richiedono pulizia, non è necessario tenere conto di eventuali danni e perdite.
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